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Esche Artificiale Duel Long Cast Deep - 4 pezzi con scatolina in pvc
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Gli ami da pesca sono fondamentali nel sistema pescante. Punto di collegamento tra pescatore e preda, sono strumenti molto antichi, utilizzati fin dai tempi remoti. All’inizio dei tempi erano realizzati in legno, oppure in ossa di animale, piante spinose o conchiglie. Con il passare del tempo materiali e tecniche si sono affinate.
Quando si sceglie un amo è necessario tenere conto della diversità della fauna ittica. La scelta degli ami giusti influenza la riuscita di una battuta di pesca. Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e degli studi di settore, oggi gli ami da pesca sono notevolmente migliorati. Con il passare del tempo le dimensioni si sono ridotte, permettendo così al pescatore di emulare sempre più efficacemente, i movimenti naturali dei pesci. Maggiore naturalezza, ha apportato, di conseguenza, ad un maggior numero di abboccate.
La struttura di un amo è piuttosto semplice. É formato da sei diversi elementi:
Attacco - Paletta
Filo
Gambo
Curvatura
Punta
Ardiglione
Nella paletta è legata la lenza. Il corpo invece è l’incurvamento dell’uncino. Questo può essere dritto, curvo o doppio per determinate esche artificiali e pesci. Il Gambo invece è l’estensione in lunghezza dell’amo. La punta è la parte terminale dell’amo, mentre l’ardiglione è l’elemento che ha il compito di trattenere il pesce che ha abboccato. Alcune tipologie di pesca prevedono l’uso di ami senza ardiglione (come ad esempio nella Catch & Release), in modo tale che il pesce possa essere rilasciato senza aver subito lesioni pericolose.
Esistono poi particolari tipi di ami da pesca, come le ancorette, che possiedono tre corpi e tre ardiglioni. Le ancorette sono solitamente usate in abbinamento al cucchiaino ed impiegate per pesca di esemplari di una certa dimensione.
Il Filo è chiamato anche “terminale” e rappresenta uno spezzone di lenza più sottile raccordato alla lenza principale dalla girella.
Che si tratti di Ancorette piumate, Ancorette VMC, piuttosto che Ami piumati, o Ami Mustad, la scelta degli ami da pesca, va fatta ponderando diversi fattori:
paletta
occhiello
curvatura
svergolatura
grandezza
filo dell’amo
ardiglione
autoferrante o non autoferrante
gambo lungo o gambo corto
Gli ami da pesca con paletta sono utili nelle battute di pesca per prede di dimensioni medio-piccole. Il terminale in questi ami, ha una dimensione piuttosto elevata e per questo non è possibile effettuarvi dei nodi.
Gli ami da pesca con occhiello sono usati per le prede più combattive e resistenti. L’occhiello consente di usare nodi resistenti e giunzioni con terminali importanti.
La curvatura è un fattore determinante per due ragioni: determina il grado di penetrazione dell’amo nell’apparato boccale del pesce e perché dalla sua struttura può dipendere l’utilizzo di esche dalle dimensioni superiori.
Si tratta del dislivello tra punta e gambo. Dalla svergolatura dipende la definizione di amo “storto”. Per verificarne la presenza basta appoggiare l’amo su una superficie piana e controllare se la punta è rivolta verso l’alto, o verso il basso.
Gli ami da pesca autoferranti hanno forma di “G”. Si usano per pescare pesci di grosse dimensioni, che dopo aver abboccato, cercano di fuggire velocemente. Non serve ferrata da parte del pescatore. Mentre gli ami non autoferranti si appuntano leggermente dentro la bocca del pesce. In questo caso è necessaria una ferrata energica.
Gli ami da pesca a gambo lungo si devono preferire per inneschi di vermi, lombrichi ed esche dalla forma allungata. Maggiore è la lunghezza del gambo, minore sarà l’affondo dell’amo nella bocca del pesce.
Gli ami a gambi corti invece sono preferibili nei combattimenti con prede dalle grosse dimensioni, perché l’amo corto tende a penetrare più fondo nella bocca del pesce. Invece non sono molto raccomandati per inneschi di vermi e anellidi.
La grandezza dell’amo dipende dalla dimensione della bocca del pesce da predare. Pesci con bocca troppo piccola, non consentono di usare ami troppo grandi. Inoltre
Gli ami da pesca e le ancorette sono parte dell’attrezzatura da pesca che non devono essere assolutamente trascurate. Sono il collegamento tra pescatore e prede, quelle che hanno la grandissima responsabilità di impedire al pesce di fuggire. Gli ami da pesca poi sono antichissimi strumenti di sopravvivenza umana e oggi rappresentano il comune denominatore di tutte le tecniche di pesca. Gli ami da pesca sono inoltre elementi che nel corso dei secoli, hanno si subito modifiche e perfezionamenti, ma non così tanti come ad esempio le canne da pesca, piuttosto che i mulinelli, o i galleggianti e i pasturatori.
Conoscere e saper riconoscere ami ed ancorette però può fare veramente la differenza in una battuta di pesca. Sempre più spesso gli spinner si affidano alle scelte delle case produttrici che mettono in vendita le esche artificiali già corredate di ancorette, ami doppi, oppure ami singoli (anche se più raramente). Le ancorette sono una particolare tipologia di ami da pesca che, negli ultimi anni, sta prendendo sempre più piede tra i vari spinner.
Le ancorette sono dei particolari ami da pesca che possiedono tre diversi corpi e tre differenti ardiglioni. Il corpo delle ancorette è formato dal gambo (che può essere più o meno lungo) e dall’incurvatura dello stesso (bend – estensione della lunghezza dell’amo). L’ardiglione invece è l’elemento delle ancorette alla quale è demandata la responsabilità di trattenere il pesce che ha abboccato.
Avendo tre corpi e tre ardiglioni, le ancorette hanno il grande vantaggio di facilitare il compito allo spinner con i pesci che hanno la fastidiosa abitudine a slamarsi facilmente, grazie alle loro acrobazie, dopo la ferrata. Ne sono un esempio lampante i pesci serra. I Serra una volta allamati, sfoderano reazioni poderose e violente, con le quali cercano di guadagnare la libertà. Quindi le ancorette permettono di avere una presa maggiore e minore possibilità di slamatura una volta allamato il pesce.
Quando e se le ancorette vengono private degli ardiglioni, permettono una slamatura più rapida e meno invasiva. Le ancorette sono solitamente prodotte in acciaio al carbonio (ad alto tenore di carbonio). Si rivelano ottime perché sono strumenti resistenti e durevoli e si prestano a rendere molto più efficaci crankbait, jerkbait o topwater.
Le ancorette hanno di solito tre corpi e tre ardiglioni, ma possono avere anche corpi senza ardiglioni. La pesca senza ardiglione consente una slamatura più veloce ed indolore per il pesce. Quindi nella pratica della pesca Catch & Release, ovvero nella tecnica in cui non si uccide il pesce pescato, ma lo si rilascia in acqua, la pesca con ancorette senza ardiglioni è consigliata.
Come ogni altro amo da pesca, anche le ancorette sono formate da diversi elementi:
Paletta
Filo
Gambo
Curvatura
Punta
Ardiglione
Ognuno di questi elementi, per funzionare al meglio, deve essere manutenuto costantemente. Il principale nemico delle ancorette è la ruggine. L’incuria e la disattenzione, portano all’ossidazione di ami ed ancorette e, di conseguenza, all’impossibilità di poterle sfruttare .
L’anellatura, ad esempio, è una parte molto delicata che va controllata e curata con attenzione. É inutile avere ancorette perfette, lucide e scintillanti, se l’anellino sul quale sono montate è completamente ossidato. Per cambiare le ancorette è necessario aprire l’anellino (esistono anche delle apposite pinze) senza fare eccessiva forza. In presenza di eccessiva ruggine, il rischio principale, è quello di incappare in una crettatura, senza nemmeno accorgersene.
Inoltre, in fase di manutenzione, alla sostituzione delle ancorette con un prodotto più robusto, è necessario avere l’accortezza di adeguare anche l’anellino. Se così non venisse fatto il rischio è che l’anellino non faccia abbastanza resistenza e di conseguenza, una volta allamato il pesce, si apra irrimediabilmente e il pesce possa scappare via.
Peso e dimensioni delle ancorine contano e devono essere prese in considerazione prima dell’acquisto e durante la manutenzione degli ami. É necessario tenere conto che maggiori saranno le dimensioni dell’esca artificiale, maggiore sarà l’influenza del peso delle ancorette.
Le migliori marche, oggi sul mercato, prevedono linee e collezioni mare e acqua dolce, differenziando le confezioni con un colore diverso per meglio identificarle. Inoltre sui packaging sono spesso indicati dei numeri, come ad esempio: 1, 1/0, 2/0, oppure 1x, 2x, 4x, ecc… Questi valori indicano il filo dell’ancorina. A parità di misura un 4x, è più sostanzioso di un 2x. Dati e valori da valutare per avere sempre un’attrezzatura da pesca perfetta.
Il Sabiki è un’invenzione che arriva direttamente dal paese del Sol Levante. Un’idea geniale e di successo, utile soprattutto per insidiare pesci di piccole dimensioni e per reperire facilmente delle esche. Altro grande vantaggio del Sabiki è la capacità di riuscire ad andare ad infastidire ed attentare le prede da pochi metri di profondità, fino a 100 ed oltre mt. L’importante è la tecnica, che deve essere applicata scrupolosamente, per riuscire al meglio.
La tecnica è stata importata dal Giappone e sfruttata inizialmente per la pesca a mezz’acqua. Oggi invece si è largamente diffusa ed è applicata per pesca a mezz’acqua galla e a fondo.
I Sabiki, qualche volta chiamati anche mitragliette, sono costituiti da una serie si braccioli con relativi ami montati su una trave, con un piombo finale. In altre parole sono montature con diversi braccioli e ami innescati con piumette delle skirt o gonnellini. Per essere conformi all’attuale normativa vigente, non devono avere più di sei ami, numero massimo consentito ad oggi.
Per aumentare il proprio potere attrattivo, i Sabiki, oltre alla piumetta legata con filo colorato, utilizzano gommini fosforescenti e/o colorati. Un’estremità del Sabiki è legata alla lenza madre, mentre l’altra al piombo. Il piombo è una zavorra che fa scendere l’esca artificiale sotto il pelo dell’acqua. Peso e forme del piombo consentono al Sabiki di scendere più o meno in profondità.
Come ogni altra esca artificiale (esche rigide, esche siliconate, esche metalliche, ecc…) lo scopo dei Sabiki è quello di attrarre l’attenzione dei pesci. Le piccole esche sono, solitamente, gli ami stessi opportunatamente dressati a fungere da richiamo. Questi sono fatti oscillare freneticamente , imprimendo corte jerkate (colpetto secco del cimino che serve a dare movimento) alla lenza.
Questo movimento emula il nuoto convulso di piccoli pesci, che sono così assaliti dai pesci predatori.
Questa tecnica è utilizzata per pescare, ad esempio, sugarelli, lecce, aguglie, sgombri, tonnetti, alletterati, palamite e lampughe. La montatura Sabiki è ideale per tecniche di pesca come quella a bolentino, vertical jigging, traina costiera e spinning da riva.
Pescare con i Sabiki è molto efficace, ma per funzionare alla perfezione sono necessari materiali di qualità e una costruzione impeccabile. Inoltre è necessario saper individuare il modello di Sabiki giusto per ciascuna diversa situazione da affrontare.
L’obiettivo è infatti quello di riuscire ad imitare al meglio le prede che i pesci da pescare, cercano di mangiare. Per questo motivo diventa molto comodo avere a disposizione un certo diverso numero di Sabiki, idonei ai pesci da predare e alle personali abitudini di pesca.
I Sabiki sono efficienti anche a profondità elevate. Quello che conta sono la costruzione e la qualità dei materiali. Calamenti devono essere ben realizzati, fili ed ami di qualità e posizionati all’altezza giusta, il dressaggio complessivo del complesso pescante deve essere equilibrato, calcolando anche perline colorate, elementi glitterati e perline fluo che brillano al buio e costituiscono l’anima del Sabiki stesso. Meglio quindi evitare prodotti troppo economici che, all’inizio potrebbero sembrare vantaggiosi, ma alla fine hanno ami che si arrugginiscono velocemente e fili che si ingarbugliano più di quanto non capiti già abitualmente.
L’attrezzatura adeguata per la pesca con Sabiki, dipende molto dalla tecnica di pesca impiegata. Le dimensioni devono essere poi proporzionate a quelle delle prede da insidiare. La pesca con Sabiki è ottima a qualunque ora del giorno e della notte. Si pratica meglio all’alba e al tramonto, la dove, di giorno, è consigliato l’uso di colori vivi e accesi, mentre la sera e la notte sono preferibili i Sabiki dotati di palline fosforescenti.
Indipendentemente dalla tecnica di pesca che si utilizza, il Sabiki deve ricreare un movimento il più verticale possibile per essere efficiente. Sul mercato esistono diversi materiali, colori e dimensioni perfette per qualunque tecnica si voglia utilizzare.
Quindi la situazione ideale di pesca è quella verticale. Il Sabiki deve essere calato verticalmente sulle marcature, variando il ritmo delle jerkate e sondando le fasce d’acqua intorno alle zone più calde. Importante il ruolo della piombatura. Peso e dimensioni corrette aiutano la lenza e le esche ad arrivare velocemente sul fondo e permette di lavorare bene con il filo. La canna deve essere proporzionata alla profondità e, quindi, al piombo e viceversa. Solo in questo modo il sistema riuscirà ad oscillare perfettamente e le piccole esche vibreranno come devono.
É possibile che ai Sabiki abbocchino pesci non previsti. Per questo motivo è importante fare attenzione alla costruzione e alla qualità dei materiali.
La pesca con la mosca è una particolare tecnica di pesca nella quale sono impiegate delle imitazioni di insetti. Si tratta di esche artificiali costruite a imitazione di tutte le varie fasi di vita di moltissimi insetti, di cui i pesci si nutrono e sono ghiotti. Gli insetti “copiati” sono quelli che nascono, crescono, si riproducono e muoiono in ambiente acquatico. In alcuni casi però sono imitati anche alcune specie definite terrestrial, come ad esempio formiche, cavallette, vespe, ecc… Indipendentemente dall’insetto imitato, le esche sono sempre e comunque definite “mosche da pesca”.
La peculiarità di questa rinomata tecnica di pesca, regina tra tutte le tecniche, è l’impiego di esche artificiali piazzate sulla superficie dello specchio d’acqua, solo grazie alla massa della lenza (che prende il nome di coda di topo) che funge da peso di lancio. Per riuscire nell’intento è necessaria una particolare attrezzatura, canne da pesca specifiche ed esche adatte e l’applicazione di una tecnica di lancio molto speciale.
La pesca con la mosca è un’arte antica ancora oggi largamente pratica e apprezzata. È eseguita con un’attrezzatura particolare composta da:
Le esche, chiamate mosche da pesca sono leggerissime e tutta l’attrezzatura utilizzata in questa tecnica ruota attorno a loro e alla necessità di riuscire a lanciarle alla giusta distanza e con appropriata forza. Le tecniche di lancio sono diverse e talvolta molto sofisticate. Alla coda di topo viene legato un finale conico di nylon di lunghezza variabile in rapporto al tipo di esca e alla lunghezza della canna, oltre che all'ambiente di pesca (2–5 m).
Le mosche da pesca sono costruite a mano con materiali artigianali, come ad esempio peli e piume. Non esistono infatti macchinari specifici per la produzione industriale di questo genere di esca artificiale.
In origine questa tecnica di pesca era usata solo, o prevalentemente, per la cattura dei salmonidi (trote, temoli, salmerini, salmoni, ecc…). Con il passare del tempo però e con l’affinarsi della tecnica e dei materiali impiegati, è riuscita a garantire un discreto successo con un gran numero di diverse specie. Quindi, negli anni, la pesca con la mosca si è diffusa in tutta il mondo ed è stata usata per catturare anche: lucci, persici, cavedani, carpe, ecc… Ad esempio, la pesca a mosca in mare su tarpons, bonefish e barracuda è diventata davvero molto popolare.
Esistono diverse tipologie di mosche per pesca:
La pesca a mosca con mosche secche è una delle tecniche più diffuse, perché molto emozionante. Le mosche da pesca secche imitano:
In questa tecnica l’importante è non trascinare, in modo innaturale, l’esca artificiale sulla superficie. Il lancio deve essere fatto sempre a monte del pesce da catturare e l’esca deve assomigliare il più possibile alla preda del pesce. Solo così si possono avere chance per riuscire a portare a casa la preda.
I pesce catturabili con questa tecnica sono soprattutto quelli che “bollano” la superficie dell’acqua in cerca di prede. Le canne usate in questo caso, vanno dai 7,6 ai 9 piedi di lunghezza, con una veloce azione progressiva e adatte ad una classe di coda 3 o 5. Ma tutto dipende anche dalla larghezza dello specchio d’acqua e dalla preda insidiata.
Molto popolare in Europa, in questa tecnica si pesca con esche artificiali che imitano lo stadio di larva degli insetti, soprattutto sul fondale. Queste mosche sono chiamate ninfe e molto spesso sono zavorrate con filo di piombo direttamente sull’amo. In alternativa il piombo è rappresentato da palline di tungsteno, o di ottone. In questo modo è possibile pescare anche in tratti d’acqua più profondi. Per garantire alla ninfa (quindi al piombo) di affondare rapidamente, non si draga.
Per pescare con mosche da pesca a ninfa è consigliata una canna da pesca un po’ più lunga, con azione progressiva non di punta. La lunghezza varia in base alla grandezza dello specchio d’acqua, ma generalmente vanno bene canne di 9 o 10 piedi con classe di coda 4 o 5. Il terminale ideale è composto da due diversi materiali e altrettanti spessori di fluorocarbon e micro tippet ring.
È una tecnica che si è affermata con il tempo e ha avuto successo perché consente di predare trote gigantesche, huco huco, lucci, trote fario e trote marmorate.
Gli streamer sono esche artificiali che imitano piccoli pesci da preda (come ad esempio le sanguinerole o gli scazzoni). I pesci sono attratti da questo genere di esca artificiale a causa soprattutto dei loro colori molto accesi e vividi. Ci sono molti modelli di streamer: zavorrati, non zavorrati, galleggianti come i boobies, ecc…
In questo caso la canna da pesca deve essere molto rigida con una lunghezza pari almeno a 9 e una classe di coda dal 6 al 7. Per il finale è consigliato un normale monofilo oppure fluorocarbon con uno spessore di 0,22-0,28 mm e unalunghezza di 1,5-2 mt.
In questa tecnica il movimento all’esca è dato dalla stessa corrente e lo streamer deve essere lanciato di lato verso la sponda opposta. Lo streamer in questo caso va lasciato scorrere e riaffiorare da solo in completa libertà, aiutandolo semmai con un po’ di coda. Il recupero deve avvenire lentamente senza strappi e con delle brevi pause.
È la tecnica di pesca più antica della categoria pesca con la mosca. Oggi non è molto praticata. Le esche artificiali sommerse sono costruite con materiali non galleggianti che affondano più o meno rapidamente. A differenza delle mosche con la ninfa non sono zavorrate. Questo perché l’intento delle sommerse è quello di imitare insetti morti che scorrono nell’acqua oppure insetti che emergono per fare la metamorfosi.
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